Il Mito, La Memoria
Val Ange, al secolo Angela Valentini si è formata presso le Accademie di Belle Arti di Macerata e di Urbino.
Per “Il Mito, La Memoria” Ha presentato “Patchworks, Forme nell’aria”, oltre alla istallazione “Volo…Non…Volo”.
Quello della Valentini è un lavoro paziente, metodico e rituale, che richiama i gesti lenti e tradizionali delle donne, le antiche attività femminili del tessere, dell’intrecciare, del ricamare, svolte in una dimensione domestica, quasi sacrale.
Con la sua ricerca, Val Ange attualizza quelle trame e le trasforma in memoria, individuale e collettiva; trama dopo trama unisce ogni individuo a una collettività via via più grande, che dal villaggio passa alla città e dalla città al mondo, fino a sfaldarsi in un flusso energetico di dissoluzione e rigenerazione; ogni oggetto che compone la trama è stato dapprima scartato e poi, successivamente, reimpiegato, immesso in un circolo benefico di nuova genesi.
E’ così che ogni oggetto in disuso trova nuova e inedita collocazione, in una circolarità costante che tutto trasforma e nulla distrugge.
Dott.ssa Loredana Finicelli
Il Mito, La Memoria
Che la tela di Penelope sia una metafora delle vicissitudini umane non ci sono dubbi: l’ordito stabilisce la lunghezza della tela e la trama convoglia orizzontalmente il filo generando la narrazione, mentre il destino crea e disfa continuamente, come la vita e le sue vicissitudini, un continuo divenire e tornare sui propri passi.
Fili diversi o affini, come spiriti, si intersecano lungo il cammino per poi dividersi e non incontrarsi mai più. Altre volte invece, finiscono per ritrovarsi al di là dello spazio e del tempo.
Chi opera sulle trame, chi sceglie i colori, chi sceglie i tessuti, intreccia i destini come un demiurgo esegue la volontà di Dio che ha già predisposto l’ordito ed ha già stabilito la lunghezza dell’esistenza.
E’ così che lavora Val Ange, al secolo Angela Valentini, residente a Civitanova Marche e formatasi presso l’Accademia di Belle Arti di Urbino, un’artista da sempre impegnata a sperimentare le possibilità espressive dei materiali.
Figlia di una sarta amata e conosciuta, ha imparato fin da bambina le peculiarità dei tessuti, le proprietà dei fili, la particolarità delle cuciture, dei ricami e degli intrecci.
Le sue mani preziose evocano continuamente un mondo arcaico come un racconto perduto di Giambattista Basile.
La narrazione è il punto focale dei suoi lavori, è il suo racconto, la sua visione dell’arte.
Quanto l’essere donna incide nei suoi lavori? Tantissimo: ogni suo abile tocco, lento o veloce, ogni tessuto leggero o pesante, ogni disegno che risulta dalle sue opere ce lo ricorda.
Sono intrise nel “femminino sacro” invocato in tutta la storia umana. Le sue trame narrano la sua infanzia e sono frutto di una memoria atavica che annulla il tempo.
Come Aracne, il mito della fanciulla Lida, abile nella tessitura che sfida la dea e per questo condannata a tessere per sempre, Val Ange non smette mai di imbastire e di tessere: l’importante è continuare il racconto, lasciare memoria di una storia, a maglie larghe o strette, semplici o aticolate, che importa?
Quello che conta è ciò che arriva attraverso la lettura delle sue opere, leggere, fluttuanti, ricche di sfumature e percezioni proprio come la memoria, anche manuale e laboriosa a cui rimandano e il Mito che continuamente evocano.
Dott.ssa Michelina Russo
Inganni Tessuti
La trama e l’ordito della tela: una manualità antichissima riservata alla sfera femminile, imprescindibilmente intrisa di magie, di miti e misteri. La pratica del “tessere” è contemporaneamente memore di attesa, di inganni, di libertà e di gabbie. Angela Valentini indaga le infinite possibilità di lettura, tanto delle trame, quanto degli orditi, arricchendo i suoi preziosi tessuti/non tessuti di simbologie antiche e di infinite possibilità di lettura. Dai materiali reinventati per essere intrecciati ad una condizione – e imposizione- di genere, perché la tessitura è donna. Dalla infinita e caparbia attesa di Penelope all’inganno di una ragnatela: Angela Valentini cattura lo spettatore ipnotizzandolo, nelle sue ingegnose e larghe maglie.
Dott.ssa Laura Coppa
I COLORI DELLE TRAME
Nella vita le esperienze accadono continuamente, sono parte integrante del processo esistenziale, possono essere di grande importanza o di scarso rilievo, ma in ogni caso ampliano la sfera conoscitiva.
L’esperienza estetica si inserisce nel fluire della vita perché si origina dai fatti e dagli accadimenti quotidiani, è composta da segni e simboli ma è pur sempre una rivelazione, uno svuotarsi per far posto a un’altra dimensione,
‘simmelianamentÈ “è un frammento di vita che penetra in noi” perché ogni quadro è parte di una vita.
E se per Kant l’esperienza estetica non è una esperienza che apporta conoscenza, ma un’esperienza emotiva che porta solo a riflettere sul modo di fare esperienza, Dewey, scrive che l’arte è sempre esperienza perché nei suoi tratti si acquisisce un sapere e si colgono significati.
L’esperienza estetica, alla stregua di altre forme di esperienza è uno dei momenti più alti dell’esperienza umana. L’opera d’arte crea una connessione tra l’autore e il fruitore, tra fruitore e fruitore, non si limita ad un godimento immediato, l’esperienza vissuta che viene consegnata si trasmette da persona a persona, diventa una via percorribile da altre sfere di vita.
Nell’arte di Angela Valentini,“Val Ange”, l’esperienza vissuta, memoria dei racconti d’infanzia, acquisisce un posto rilevante. Figlia di una sarta, riprende l’antica tecnica della tessitura e ne fa un mezzo di espressione discorsivo e narrativo delle sue opere. Quella di Val Ange è una ricerca elaborata ed ambiziosa, dove le relazioni tra le linee e i colori
sono rilevanti e dense di significati, ogni opera ricapitola ciò che è avvenuto prima e prefigura il lavoro successivo.
Attraverso la sensibilità questa artista consente alla sua esperienza e alla sua forma di vita di comunicare con il mondo esterno presentando un universo dotato di senso capace d meravigliare. Val Ange, dunque seleziona e organizza le forme per ottenere un prolungamento della sua esperienza, inserisce elementi tessili nelle sue opere; una fusione tra mondo interno e mondo esterno, dove le condizioni oggettive divengono mezzi e i ricordi diventano significati.
Val Ange, mostra nelle forme la spontaneità della sua arte, che non è lo sfogo di un impulso, ma un atto cosciente,
qualcosa di nuovo ma personale. Questa artista cattura la realtà dal suo punto di vista e la restituisce attraverso la voce silenziosa delle sue opere.
Dott.ssa Maria Pina Coppola
ma io sono libera prima e dopo di loro,
con loro e senza di loro
sono libera nella vittoria e nella sconfitta
(Joumana Haddad).
Ciò che si percepisce immediatamente quando si osservano le opere di Angela Valentini, appartenenti alla produzione denominata “Penelope Underground”, è il suo senso di forza, di potere sulla materia; la sua energica esistenza di donna artista; la chiarezza delle sue idee e il suo inno alla libertà.
Si è immediatamente irretiti dalle inaudite trame che disegnano forme ed immagini; immagini che discorrono di misteri; immagini talora struggenti, tal altra shockanti; forme dalle quali trapelano le misteriose maree che si agitano nel cuore delle donne: vita e morte, spiritualità e funzionalità, creazione e distruzione, perpetuo equilibrio e ciclicità, caducità e immortalità.
La donna che tesse fonde presente e passato; rende attuale un’arte che prende vita agli albori della storia dell’uomo e si arricchisce nei secoli, proprio come avviene per la lingua parlata; grazie al genio di chi la reinventa, nel silenzio e nella meditazione delle case, dei chiostri, sotto il sole della Magna Grecia, sulle altezze di Cuzco, nelle nebbie delle pianure cinesi o in qualunque altro luogo del mondo, la tessitura diventa linguaggio silente parlato dagli arazzi, dai tappeti, dai tocapu, dai quipu. La donna che tesse compie un’opera totale: sceglie il materiale, lo maneggia, lo piega alla sua volontà affinché sia adatto e pronto ad essere parte di qualcosa che già, nella sua mente, ha preso forma; qualcosa che scaturisce dalla sua necessità di creare ordine, di cambiare ordine, di proporre evoluzioni del vorticoso incedere della materia e degli eventi.
Nasce da lontano e si fonde con un passato recente la predilezione della Valentini per i tessuti: è nel laboratorio della sua cara madre Maria, geniale sarta del novecento, grande figura femminile perennemente alla ricerca del bello, che la nostra artista, ancora bambina, comincia ad amare le trame; ne apprezza i colori, lo spessore, l’odore, il frusciare; è lì che comincia ad interpretare la lingua che esse silenziosamente parlano. Attraverso un profondo e mirabile studio retrospettivo e introspettivo, la Valentini donna e artista utilizza come leitmotiv la Natura, l’essere Donna, la situazione della società in cui vive. Temi di sconvolgente attualità sono posati con poetica maestria sui meravigliosi e originali intrecci, svincolati totalmente dai canoni preesistenti sebbene in essi affondino, inevitabilmente, le radici. Un arcaico mondo femminile sembra riaffiorare e fare da canovaccio sul quale la nostra geniale artista intreccia il presente al passato, il sacro al profano, la natura all’artificiosità di un mondo che ha creato sostanze nuove che non sa come governare. Le mani della Valentini, bracconiera di ricordi, ideatrice di futuro eppure così attenta a cogliere la struttura del presente, danno ordine alle cose, attraverso la tessitura, il lavoro all’uncinetto e ai ferri, di materiali inusuali; le sue dita ricompongono e miscelano frammenti di storia e società, offrendo a ciascun elemento, alla maniera duchampiana, una collocazione nuova e funzionale. Ciò che scaturisce dalle sue abili mani, trasporta di frodo un sapere inveterato e sorprendenti soprassalti d’inventiva e di spiritualità; la sua anima si rovescia sulle sue stesse trame, mediante i colori acrilici e gli smalti, creando vortici che irretiscono e affascinano chi si sofferma a guardare le sue opere. Ma c’è di più: la Valentini pare aderire al concetto della fisica moderna secondo cui, nell’Universo, nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma; ed ecco che, allora, nei nuovi materiali artificiali, prodotti dalla nostra società ingorda e imprevidente, la nostra artista sa trovare un filo conduttore che li collega, indissolubilmente, alle sostanze naturali; un filo conduttore che, seguendo l’impronta della “Fiber Art”, abilmente intreccia, off loom, creando buchi, fenditure di sapore fontaniano, trappole mortali sottoforma di grandi ragnatele, oppure spessori, elementi questi che nel complesso danno vita a un’opera pluridimensionale e plurisensoriale. Dalle sue mani Penelope rivive e diventa Underground.
Dot.ssa Maria Ellida Domizi